Cecità - Di Josè Saramago

Cecità

"Non siamo diventati cechi, secondo me lo siamo. Ciechi che, pur vedendo, non vedono"

 

 

 

 

 

Il libro parla di un’improvvisa epidemia che porta in breve tempo le persone alla cecità. In particolare, questa misteriosa malattia, viene chiamata anche “Il mal Bianco”, perché la vista è come immersa in una lattea luce bianca. Il lettore si confronta con il lato più oscuro e primordiale dell’essere umano, con l’angoscia che sentono i personaggi che vivono in un mondo totalmente guidati dagli altri sensi e da un supporto fondamentale, una donna, l’unica in grado di vedere. Durante la lettura del romanzo, mi sono fatto tante domande, direi esistenziali ed essenziali: abbiamo davvero bisogno di qualcuno che ci supporti e guidi, oppure possiamo sempre bastare a noi stessi? Nella nostra vita conta di più guardare quello che ci sta intorno o quello che siamo nella nostra vera essenza? La condizione di cecità in particolare, mi ha inoltre portato ad associarla all’attività del leggere. Leggere è un po' come essere dei ciechi guidati da qualcuno, il libro appunto, che ci porta per mano dentro il suo mondo, descrivendolo in modo che noi lo possiamo solo vederlo attraverso la nostra immaginazione. In “Cecità” il fattore immaginale è ben presente, ma emerge più chiaramente, a mio avviso, il fattore brutale e animalesco dell’uomo, ovviamente incapace di vivere in un mondo, il nostro, totalmente organizzato per muoversi attraverso la vista. Lo scrittore mette in scena quindi un teatro spettrale quanto affascinante e surreale, ma non troppo distaccato dalla realtà che viviamo tutti i giorni. Una narrazione perfettamente bilanciata, dove si viaggia tra l’odore della morte e l’attaccamento alla vita.  Il libro mi ha fatto porre degli interrogativi importanti e a una sospensione delle eventuali risposte che necessitano. Nella lettura fatta con un’ottica “libroterapica” porsi degli interrogativi è sempre lecito, ma a seconda delle domande che ci poniamo, le risposte non possono mai essere univoche. E leggere un romanzo come questo, sotto questa prospettiva è come addentrarsi in un viaggio dentro le possibili narrazioni della nostra esistenza interiore, che non sempre ci porta alla chiarezza. La nostra interiorità è imprevedibile e ci può portare a tante strade quante sono le fattezze che la costituiscono. Leggere il libro di Saramago mi ha dato quindi l’opportunità di confrontarmi con le mie parti più buie e nascoste, e in questo caso la cecità non è solo sinonimo di perdita della vista, ma è anche la semplice metafora esistenziale, dove pur vedendo, non siamo in grado di osservare e guardare bene la profondità di quello che ci circonda e di quello che sta dentro di noi. E questo è uno dei compiti più ardui della vita.

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